Corpi che parlano: Comprendere i disturbi alimentari

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono ormai parte integrante del nostro paesaggio clinico, sociale, culturale. Anoressia, bulimia, binge eating: nomi ormai familiari, anche a chi non è del mestiere. Ma c’è stato un tempo – non troppo lontano – in cui questi sintomi erano ancora misteriosi, incomprensibili, osservati con distanza e giudizio. In quel tempo, una psichiatra italiana, Mara Selvini Palazzoli, scelse di ascoltare questi sintomi come linguaggi, come forme di comunicazione familiare e strategie di sopravvivenza emotiva.

La pioniera

Mara Selvini Palazzoli fu una delle menti più lucide e controcorrente della psichiatria e psicoterapia italiane. Fondatrice del celebre “Modello di Milano” insieme a Boscolo, Cecchin e Prata, fu una delle prime a proporre un approccio sistemico-relazionale ai disturbi psichici, capovolgendo la prospettiva classica: non più l'individuo isolato al centro dell’attenzione, ma il sistema relazionale di cui fa parte, in primis la famiglia.

Nel suo celebre libro "L'anoressia mentale" (1963), Selvini aprì una strada nuova nella comprensione dell’anoressia, osservandola non come un mero disordine del comportamento alimentare, ma come un segnale di crisi nella comunicazione familiare, un atto paradossale con cui la giovane paziente cercava di affermare la propria identità, in una rete familiare spesso iperprotettiva, invischiata, in cui le emozioni autentiche non trovavano spazio.

Quando il corpo diventa messaggero

Selvini Palazzoli parlava spesso del corpo come teatro del conflitto invisibile. La magrezza esasperata, il rifiuto del cibo, le abbuffate seguite da vomito non sono semplicemente disfunzioni, ma messaggi gridati in silenzio, quando la parola manca o non è permessa. Dietro ogni disturbo alimentare c’è un equilibrio psicologico precario, un’identità in cerca di definizione, un dolore antico spesso custodito nell’infanzia.

In molti casi clinici seguiti da Selvini, si intravedeva una dinamica ricorrente: una figura femminile adolescente che, di fronte a un contesto familiare rigido o troppo accudente, sceglieva il controllo sul cibo come unico spazio in cui poter decidere. L’anoressia, in questa ottica, diventa atto di resistenza e ribellione, ma anche richiesta di aiuto. Il sintomo parla quando la famiglia tace.

Un sintomo, molte cause

Oggi i disturbi alimentari sono più diffusi che mai, e la loro genesi è diventata ancora più complessa. Non possiamo ignorare l’impatto dei social media, della cultura dell’immagine, della pressione estetica. Ma limitarsi a parlare di “colpa di Instagram” sarebbe riduttivo. Perché, come ci ha insegnato Selvini, dietro ogni sintomo c’è una storia, e ogni storia ha una radice affettiva.

Tra le cause psicologiche più frequenti troviamo:

  • Difficoltà nell’elaborazione dell’identità (soprattutto in adolescenza)

  • Dinamiche familiari invischiate, dove i ruoli sono confusi o rigidi

  • Esperienze precoci di abbandono o svalutazione

  • Traumi relazionali non elaborati

  • Perfezionismo estremo e bassa autostima

  • Angoscia legata al cambiamento del corpo e al passaggio all’età adulta

Il sintomo alimentare diventa allora una sorta di copione protettivo, una soluzione dolorosa per gestire emozioni ingestibili. Non si tratta mai solo di “fame o rifiuto del cibo”, ma di fame d’amore, di riconoscimento, di controllo. E di rifiuto della fragilità, dell’ingovernabilità dell’esistenza.

Verso una cura che coinvolga il sistema

L’approccio sistemico introdotto da Selvini continua a essere attualissimo: non basta curare l’individuo, bisogna intervenire sul sistema. Includere la famiglia, ridefinire i confini, restituire ai genitori il proprio ruolo senza colpevolizzazioni, ma con chiarezza e responsabilità.

La cura è prima di tutto ascolto profondo: del sintomo, della storia familiare, dei significati nascosti dietro ogni gesto. Il terapeuta sistemico non interpreta dall’alto, ma si fa partecipe del processo di comprensione, accompagna e decodifica, aiuta a trovare nuove forme di comunicazione più autentiche, meno distruttive.

Parlare di disturbi alimentari significa oggi più che mai non fermarsi alla superficie. Non basta spiegare cosa sono, bisogna ancora e ancora chiedersi perché si manifestano, per chi parlano, che equilibrio stanno cercando di mantenere o rompere. In un mondo che ci chiede costantemente di controllare il nostro corpo, è necessario restituire al corpo la possibilità di esprimersi con verità.

 

Mara Selvini Palazzoli ci ha lasciato un’eredità preziosa: quella di guardare al sintomo non come a un nemico da combattere, ma come a un messaggero da comprendere. E forse, in quell’ascolto profondo, in quella cura delle relazioni, si nasconde la possibilità di guarigione.